L’ Arte di Deruta

I primi documenti scritti collocano la ceramica di Deruta nel 1282. In questo periodo la produzione derutese è costituita da oggetti di uso comune, utilizzati nelle case, quali scodelle, tazze, catini, brocche e boccali. Le tipologie stilistiche sono decorazioni a motivi geometrici, zoomorfe, floreali e simbologie sacre, tracciate in due soli colori, verde ramina e bruno di manganese.

Nella seconda metà del XV secolo e nei primi anni del XVI l’Umbria era il centro di una importante scuola di pittura dove operavano grandi maestri come il Perugino, il Pinturicchio e Luca Signorelli, dai quali i ceramisti derutesi hanno tratto ispirazioni iconografiche e gusto pittorico. Oltre cinquanta fornaci erano attive nel Rinascimento e di alcuni artisti rimangono le firme che siglano le opere di maggior pregio; tra essi Nicola Francioli detto “Co”, Giacomo Mancini detto “El Frate” e Francesco Urbini. La produzione di coppe amatorie, piatti da pompa, vasi su alto piede, albarelli e versatori da farmacia costituisce la parte più originale e più importante della maiolica derutese. In essi venivano raffigurati ritratti e stemmi nobiliari, profili femminili, grottesche, scene mitologiche, guerresche e sacre. Le maioliche rinascimentali derutesi acquistarono grande fama nel mondo per l’impiego del lustro metallico a riflessi dorati e rossastri applicato nelle opere di maggior pregio. La prima opera lustrata attribuita a Deruta è una targa a rilievo che raffigura il martirio di San Sebastiano datata 1501 e conservata al Victoria and Albert Museum di Londra. La qualità tecnica e artistica raggiunta dai maestri derutesi ben si compendia nel pavimento maiolicato ritrovato nella Chiesa di San Francesco di Deruta risalente al 1524 ed ora esposto nel museo cittadino.

La produzione seicentesca è caratterizzata da oggetti d’uso quotidiano e stoviglie, lo stile diviene frettoloso e riassuntivo, “compendiario”, con decorazioni a grottesche o “raffaellesche” ricche di creature fantastiche; accanto ad esso compare un nuovo stile decorativo denominato “calligrafico”. Singolare testimonianza di questo periodo è rappresentata dalle oltre settecento targhe ex-voto dedicate alla Madonna dei Bagni murate nella omonima chiesa nei pressi di Deruta. Verso la fine del XVIII secolo la maiolica derutese si avvia ad un progressivo declino e solo dopo l’unità d’Italia ha inizio un generale movimento di interesse verso l’arte della maiolica da parte di artisti e studiosi, tra i quali Francesco Briganti, Angelo Micheletti e Alpinolo Magnini.

Nella seconda metà del Novecento la ceramica di Deruta vive uno sviluppo strabiliante che coinvolge molte botteghe artigiane, costellando di successi e premi vari rappresentanti.

Museo Regionale della Ceramica di Deruta

L’intera storia della ceramica di Deruta è ben descritta dalle oltre seimila opere esibite nel Museo Regionale della Ceramica di Deruta secondo un percorso cronologico dal Medioevo all’Ottocento, senza dimenticare il consistente nucleo di ceramiche contemporanee comprensivo di opere di artisti di fama internazionale, quali Abbozzo, Accardi, Dorazio, Schifano, Turcato e numerosi altri, a riprova della fiorente attività artistica di Deruta nel Novecento.

La sistemazione definitiva disegna un percorso che si sviluppa dal piano terra ai due piani superiori, è introdotto da una sezione didattica e descrive, organizzata in periodi, l’evoluzione della maiolica derutese dalla produzione arcaica a quella del Novecento. Sono salvaguardate alcune aree tematiche, come la ricostruzione di un’antica spezieria, collezioni presentate integralmente, la sezione dei pavimenti in maiolica e quella delle targhe votive. La sezione contemporanea è costituita principalmente da opere provenienti dal Multiplo d’Artista in Maiolica e dal Premio Deruta; la sezione archeologica offre invece un significativo panorama delle principali tipologie di vasellame prodotte in epoca antica e riunisce oggetti di ceramica greca, italiota, etrusca e romana.

Un’imponente torre metallica di quattro livelli, colma di oltre 4500 opere, è la sezione riservata ai depositi, interamente accessibile al pubblico.

Dal 2013 il percorso di visita comprende anche l’area archeologica delle fornaci di San Salvatore; l’indagine archeologica, conclusasi nel 2010, ha messo in luce una sequenza di strutture databili tra la fine del Duecento e gli inizi del Settecento e ha consentito il recupero di un numero consistente di reperti ceramici.

Oggi un tunnel sotterraneo collega il museo con l’area archeologica e consente un itinerario unico che si snoda dalle antiche fornaci per la cottura della ceramica alle collezioni storiche, fino alle produzioni del Novecento e agli spazi dedicati alle conferenze, alle attività didattiche e di laboratorio e alle mostre temporanee.